dinos apulo

 

Raccontare l'assenza aumentando la conoscenza: un caso di applicazione della realtà aumentata sulla riproduzione di un Dinos.

I beni culturali e archeologici non sempre sono valorizzati e comunicati al meglio in ambito museale. Spesso infatti vengono non solo sotto-valorizzati, ma percepiti come vere e proprie “presenze-assenze”. Ciò è insito nel concetto di pesantezza e inamovibilità di alcune strutture, caratterizzate da grandi volumetrie e forme percepite come “presenze” e posizionate nei musei senza la contestualizzazione da cui trae origine il loro senso, e reperti percepiti come “assenza” in relazione alla loro ridotte dimensioni. Presenza e assenza diventano quindi elementi percettivi ed ottengono un riconosciuto valore solo quando si fornisce la possibilità di riconoscerne il pregio attraverso una comunicazione narrativa. Accade spesso nei musei che un bene per ragioni di prestito, restauro conservativo, furto o assenza dalla collezione stessa non posa essere esposto. Le metodologie di scansione 3D di SFM nei casi più complessi o di rilievo classico nei casi più semplici consentono di ricavare i dati per la riproduzione del reperto archeologico. Per questa applicazione si è voluto prediligere un approccio artigianale alla realizzazione della ricostruzione del bene stesso, ritenendolo di indiscusso vantaggio rispetto alla stampa 3D in termini economici e di risultato finale. L'ulteriore passo è stato l'utilizzo della realtà aumentata finalizzata ad una percezione diversa del bene museale ottenuta tramite l’aggiunta di contenuti multimediali proiettati direttamente sulla ricostruzione del bene stesso. Questo contributo si pone l’obiettivo di discutere le ormai note potenzialità di tale mezzo nell’ambito della valorizzazione attraverso forme di “archeologia aumentata” che hanno come oggetto il Dinos apulo a figure rosse appartenente alla famiglia di reperti ritrovati nelI'ipogeo Varrese e presente in originale presso la Fondazione Archeologica della città di Canosa. L’interazione fra presenza fisica e componente virtuale si fa stringente, venendo a valorizzare proprio quei beni la cui presenza viene normalmente percepita come non funzionale, contribuendo, attraverso l’emozionalità, ad una elaborazione del valore di quel bene e della sua inclusione come elemento dell’identità collettiva.

Ricerca presentata al CHNT 2016 (Conference on Cultural Heritage and New Technologies) Vienna